Il tema dell’interoperabilità, come scambio e utilizzo in modo cooperativo e coordinato di dati, della loro portabilità e continuità, è certamente il tema strategico della telemedicina. Siamo però ancora lontani dalla sua completa risoluzione e non è un problema da poco, se appunto la telemedicina è parte di un ecosistema.
Una riflessione questa, che impone l’adozione di una precisa metodologia, quando si pensa all’ecosistema telemedicina e alle sue tecnologie. E’utile tenere conto di diversi ordini del problema.
Il primo riguarda i temi legati alla connessione e alla funzionalità delle apparecchiature, all’integrità del dato, alle problematiche di sicurezza e non ultimo alla gestione degli aggiornamenti.
Il secondo concerne la modalità di decisione nell’uso di una soluzione di telemedicina, su cui bisogna verificare della sua necessità clinica, degli ambiti di interazione e integrazione necessari, di quale debba esser il data set minimo delle informazioni da fornire al paziente, se questi è solo o è affiancato da un caregiver. Domande fondamentali per analizzare la tecnologia e scegliere quella che meglio soddisfa i quesiti posti.
Un terzo, peculiare, è quello della sicurezza: la tecnologia generalmente, in ospedale, si trova in un ambiente ragionevolmente protetto, ma se si porta, con la telemedicina, la tecnologia fuori dall’ambiente sanitario, in un contesto che protetto non è, si deve considerare che ci si trova in un terreno assai esposto, perché si opera in una rete che non si controlla e in cui ci si collega a sistemi diversi ed eterogenei.
Questo aspetto apre il luogo critico della privacy e del contesto normativo assai stringente del GDPR. Per cui, bisogna mettere in conto che si possa giungere, data la cogenza, a compiere una scelta tecnologica sulla base di elementi che tecnologici non sono. La scelta del Dispositivi medici potrebbe cioè non basarsi sulle caratteristiche intrinseche e di adesione all’ecosistema, ma sul grado di compliance con il GDPR, come momento dirimente.
Quarto: bisogna superare l’attuale logica dell’integrazione.
Oggi, essa è principalmente peer to peer, per cui muore con la morte di uno dei due peer. Se vogliamo parlare di interoperabilità come ambiente di condivisione, bisogna andare oltre l’attuale approccio all’integrazione delle tecnologie, auspicando la maggiore disponibilità di DM e SW as medical devices. Certo, nella consapevolezza, che questo potrebbe richiedere costi aggiuntivi per un sistema già costoso e in sofferenza. Non sempre, anzi quasi mai, si recuperano le risorse per tenere aggiornati i Dispositivi rispetto alle richieste dell’evoluzione del sistema operativo. E poi non dimentichiamo che gli aggiornamenti dei DM, richiedono ulteriori verifiche di conformità con il Regolamento.
Ultimo punto: la collaborazione con i pazienti. E’ una chiave di volta del successo della telemedicina, ma prima di agire, bisogna chiedersi quali possano essere le interazioni vantaggiose delle informazioni, quali le aspettative dei pazienti, cosa essi chiedono in termini di strumenti portabili o no e quanto è ragionevole e viene soddisfatta la loro domanda. L’interazione con le associazioni dei pazienti è utile, ma resta fondamentale anche la capacità del medico di governare questa relazione e di sapere fornire risposte corrette e autorevoli alle domande dei pazienti, inseriti negli ambienti digitali.
Insomma, spunti che spingono ad approccio metodologico nuovo e capace di guardare all’insieme. Senza questo scarto, la telemedicina soffrirà non poco sul versante dell’integrazione e dell’interoperabilità, con il rischio concreto di diventare un’ennesima isola racchiusa in se stessa.