Abbiamo scambiato alcune opinioni sull’innovazione, PNRR e Sanità con Giorgia Zunino, Dirigente Dipartimento Ricerca scientifica Policlinico San Martino di Genova – Strategic Foresight Fondazione Hedux
“Il nostro paese e il SSN hanno davanti una grande sfida – dice Giorgia Zunino – ma, guardando quanto visto e fatto finora e gli approcci e le metodologie utilizzate, sono molte le contraddizioni che rischiano di pregiudicare la corretta realizzazione degli obiettivi del PNRR Missione 5 e 6. Manca una visione organica di sistema, già trai due investimenti profondamente legati tra loro: sanità e territorio, c’è poca circolarità delle informazioni, i progetti sembrano scollegati dall’insieme e gli attori annegati in autoreferenzialità derivate dal sistema “aziendale pubblica e personalistica” incapaci di cogliere uno dei maggiori “threats” ovvero i principali rischi dell’era delle nuove scarsità: la velocità con cui gli scenari socio economici e ancor più tecnologici mutano repentinamente e l’incapacità di affrontarli senza un approccio predittivo e strategico.
C’è una sorta di cecità, per citare il racconto ben più prezioso di Jose Saramago, e si procede senza guardare a cosa è stato già fatto negli anni, negli incubatori e acceleratori e non solo nella ricerca prettamente accademica, in quello che si sta già realizzando in paesi di sicura innovazione come la Cina, Singapore o gli USA, dai quali potremmo apprendere molto, risparmiando tempo, energie e risorse.
Con una sorta di euforia di “prima illuminazione” trainata dai cosiddetti hype, si ricomincia il lavoro dal principio, con l’aggravante di non sapere, per pura assenza di conoscenza dei nuovi ambiti di innovazione, di quanto realizzato negli ultimi 15 anni dove già si parlava e si lavorava sulla medicina digitale di cui la cd telemedicina è una parte. Ad aggravare il tutto il distacco dalla realtà del sistema, che come narra J. Diamond in “Collasso: come le società scelgono di morire o vivere”, porta al decadimento delle società complesse; in sostanza il non avere piena contezza di cosa abbiamo bisogno, come cittadini, come medici e pazienti, per cui si procede in maniera eterogenea e sparsa, dando vita ad un grande puzzle i cui pezzi in diversi casi non combaciano e producono impatti non correttamente valutati (social impact) e mirati ad obiettivi di breve termine.
Ed è quello cui stiamo assistendo: non a caso si parla spesso di integrazione e di interoperabilità dei sistemi senza riuscire poi a venirne veramente a capo. Il COVID ha accresciuto l’attenzione sulla necessità di sostenere l’innovazione tecnologica, dove praticamente prima della pandemia era la Cenerentola degli investimenti sia per risorse umane che per capitali, uno strumento per realizzare un SSN più maturo e più efficace, i manager i policy maker sono nuovi all’alfabetizzazione digitale, il substrato dei funzionari sta ancora cambiando molto lentamente, troppo.
E’ invisibile quella spinta a trovare il valore nel dato e nella sua gestione, invece di tradurre pedestremente l’analogico in digitale che comporta non solo un aggravio di fatica sulle risicate risorse del sistema ma non coglie il valore nella raccolta di dati che diventa un asset prezioso del sistema sanitario mirato alla cura, all’assistenza ed al miglioramento della vita sul pianeta con una precisa visione di sistema.
Il passo importante da compiere è un vero e proprio piano di rinnovamento e di innovazione della P.A. Oggi, la P.A. continua ancora ad agire solo su procedure imposte, senza riuscire a incamerare gli spunti di innovazione, si pensi alle novità proposte dal nuovo Codice dei Contratti, per non parlare di quelle del Nuovo Codice degli Appalti che contengono il seme della rivoluzione.
Nel Nuovo Codice dei Contratti, approvato con il Dlgs 32/2023, per citare uno degli strumenti che il PNRR ha voluto per consentire l’ammodernare il paese, è stato elaborato in forma di principi in cui il primo è quello del “risultato”.
Dal controllo la PA si deve muovere invece al risultato e gli strumenti messi a disposizione ci sono tutti per semplificare il percorso di innovazione: si promuove l’azione della P.A. per obiettivi, anche modificando gli approcci con il mercato con il quale si stimola un rapporto di dialogo e di collaborazione, se non addirittura in alcuni casi di affiancamento e sostegno. Le antiche abitudini permangono, in virtù anche di funzionari stanchi, delusi e con poche risorse, con il risultato di impaludare il processo di rinnovamento.
Riconoscere quali sono i principali trends tendenze che caratterizzano quest’epoca (previsione), cercando di cogliere ed anticipare opportunità e rischi e agire di conseguenza (strategia), saranno fondamentali per poter trarre i maggiori risultati dai fondi PNRR. Ne cito alcune all’orizzonte, che insieme saranno dirompenti e che so molti di voi, innovatori della PA, ne hanno intuito la portata.
I segnali ci sono tutti, maggiormente percepibili in alcuni settori e professioni: ci troviamo, nell’era della scarsità delle risorse umane abili al lavoro. Una scarsità che nella nostra società di massa, improntata su una produzione di continua espansione, provocherà una focalizzazione di investimenti su altri paesi definiti un tempo terzo mondo” e conseguente impoverimento dei paesi post industrializzati. Un inverno demografico che colpirà dapprima i settori produttivi e poi la tenuta dei conti pubblici a partire dal sistema pensionistico.
La strategia è semplice almeno nel breve periodo, un agile ricambio dei quadri e del management della P.A., e la capacità di bloccare quell’emorragia di competenze, oggi invisibili a cui è neofita dell’innovazione. Emorragia di risorse umane preziose in continua crescita e che non ha sostituzione. La risposta non può essere solo economica per tentare di trattenerli, ma deve essere motivazionale.
Non vedere che oggi è profondamente cambiato il concetto di lavoro e cosa ognuno persegue attraverso il lavoro, se negli anni del boom demografico bastava lottare per il “posto”, oggi la situazione è completamente diversa: i giovani vogliono essere protagonisti del proprio futuro e chiedono maggiore empowerment nel governo dei processi lavorativi e nelle decisioni da assumere. Dobbiamo considerare bene questo aspetto e prenderne atto, se vogliamo evolvere verso una società più matura, che sappia anche valorizzare le proprie risorse umane e professionali e capaci di traghettarci verso un nuovo futuro non più fondato sulla massa ma sul valore.
La diffusa sfiducia nelle istituzioni e nelle possibilità di buon esito delle programmazioni istituzionali che attraversa il mondo degli adulti dai 30 ai 40 anni, può essere affrontata, ad esempio, valorizzando il terzo settore, quello che presidia in modo capillare il territorio. Il terzo settore è l’unica leva che abbiamo oggi per costruire comunità piene e coese vera risorsa del mondo che verrà.